Gabriella Pison
CRITICA alla silloge "La striscia di luce"
di Elena Condemi
Elena è alle prese con una sfida, che ben esprime una sua lirica:
Nella notte che lenta
m’avvolge e mi fa sua,
incapricciandosi di me,
com’io fossi
una stella ritrovata
La sfida non è solo cogliere la stagione dei sentimenti, ma l’aspirazione ad un germe di felicità, di serenità dentro di sé, ma oltre l’altro; il suo sembra un invito, oltre il limite della metafora, che ci conduce a tratti ai frammenti della poetica di Eliot, con un' inquietudine che non è mai angoscia, ma vocazione a vita essenziale, che coniuga la carnalità della materia con la dimensione dell’ascolto interiore.
Elena è già in un iniziale spazio “al di là” e con prospettiva di apertura ad un immaginario, che coincide col reale, ci conduce, con linguaggio suadente:
Sono
spuma di cielo
nel divampare dei suoi sentimenti :
Cosi forse sarei,
adesso,
se
fossi ricolma di te
nella rivisitazione della carne :
E la notte gioca col giorno
sui nostri corpi ignari dell’impalpabile
nel buio eroso delle sconfitte e con lirismo acceso, Elena raccoglie lo splendido fiore dell’Anima e ce lo dona:
Intingo l’anima,
in quel respiro breve:
seme di cielo,
interezza selvatica,
capriole di luce.
La Poetessa cerca così di superare il dolore del vivere?
Così ci fa sentire la sua voce... nostalgia, decadenza, paure ancestrali, la forza dell’amore, anche se non corrisposto:
Bevo vino nero, perché ho fame
Così ci incanta, così esorcizza il disagio dell’esistere.
Trieste, 15 settembre 2013
Gabriella Pison