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Nota critica della Condemi

alla mia silloge "In cammino verso Oz"

“In cammino verso Oz” è davvero un viaggio, magico, e nella sua magia delicato e forte insieme, proprio perché può essere percorso solo con la parte più autentica di se stessi, le cui tappe possono essere viste soltanto con gli occhi dell’anima che si fa spazio persino fra i sensi.

 Come sin dalla prima poesia, "Gulliver", l’autrice sottolinea quanto ogni ricordo sia prezioso, persino il più piccolo, del quale non bisogna mai sottovalutarne la forza, la persistenza, la capacità di rievocare anche tutta la sofferenza vissuta, ma anche la bellezza di questa consapevolezza:

 

 Istanti che sfrecciano nelle meraviglie del cielo mentre si fa certezza di destino

il destino già scritto.  (IL MANTRA DELLA VITA.).

 

Consapevolezza non solo del potere e della preziosità del ricordo, ma anche e soprattutto della caducità della vita e d’ogni suo dono, d’ogni affetto terreno, della nostra fragilità che vanamente cerchiamo di superare:

 

Cerchiamo sostegni per non tramutarci

in fantasmi,

in allegorie di abbracci

e ogni mano che ci viene offerta

ha il sapore della malinconia,

della polvere che sfuma nella polvere.

 

Qual' è la strada per separarci dalla vita?

 

Persino

 

Della vertigine dell’amore

poco rimane.

 

Eppure il suo ricordo sa addolcire i giorni

 

Oh a che sei servito amore?

a far partorire rughe…

ma dolci come il miele.

 

A volte il ricordo si fa troppo doloroso,

doloroso è già il rischio d’averne:

 

Uno scatto in bianco e nero,

perché anche il colore ci richiama a memorie indicibili

e ci chiudiamo a guscio per non vederci ancora.

 

 Ma noi esseri umani, fragili eppure avidi di vita, così com’è giusto che sia, non possiamo che consacrarci a questi attimi di vita, effimeri ed allo stesso tempo eterni, e goderne lasciandosi andare alle sensazioni che sono come malìa, viverli appieno, anche carnalmente, e memorizzarli, fortunatamente o a volte anche nostro malgrado:

 

Benedico quest’acqua che mi consacra all’estate

al canto di gioiello delle cicale,

a un senza tempo,.

 

E la Poesia, nata dai ricordi, da sensazioni che troppo presto sfuggono, dall’esigenza di trovare un senso, una consolazione, a ciò che la vita continuamente dona e toglie, rimane anch’essa misteriosa, come la vita:

sillabe nascoste e lacerate da volute di fumo

 

I ricordi che ci fanno compagnia, e ci permettono di sopportare l’avanzare impietoso del tempo:

 

Scandisco le ore con memoria di equinozi

con il profumo delle tamerici sorprese dalla malinconia

guardando la mia solitudine riflettersi nel bicchiere dei deja vu

 

talmente impietoso da somigliare al crudele capriccio d’ un folletto, al quale non sfugge nulla, neanche quello che vorremmo più gelosamente serbare per noi:

 

Già si fa polvere il vento

e i mulinelli d’erba secca intercettano ogni gesto

appiccicandosi alle mani quali folletti dispettosi.

 

Un folletto che sa arrecarci dolore, prendendosi gioco dei nostri più autentici sentimenti, delle nostre aspirazioni, e non se ne cura:

 

Una geometria di ombre e di contrappunti

che mutua ogni promessa

in traiettorie vuote.

 

Eppure vi è nella provvisorietà della vita e nel suo mistero anche

 

Una misericordia di luce

 

Sotto la delusione, la sciabola acre del tempo, è nell’autrice la luminosa comprensione che la vita sia, in un suo modo tutto particolare, anche compassionevole.

E qui di nuovo la Poesia, il suo motivo d’esserci, luce che permette d’afferrare l’inafferrabile, proprio perché partorita essa stessa dalla luce:

 

La poca luce si fa fuga dal silenzio

e contorna il mio essere di sasso

o di cristallo

lassù dove l’arista di grano sembra orchidea di serra.

 

Un viaggio, quello della vita, che è soprattutto percorso dell’anima fra i propri limiti, teso ad attraversarli:  

 

ognuno con la sua valigia di sogni

perché nessuno esce illeso dal viaggio.

 

Si scende.

Ognuno stropicciato nell’abito

e nella clessidra dell’anima.

 

Ogni viaggio svela nuovi confini

 

Un viaggio nel quale ad un certo punto persino i ricordi, memoria preziosa di ciò che non può essere perpetuo, sono spietatamente destinati a svanire, e si ha pena anche del loro destino, poiché essi sono il vero frutto, i veri figli del nostro esistere:

 

Che ne sarà, ora, dei miei ricordi?

E delle malinconie sanguigne

quando gli uccelli cinerini

avranno distrutto i loro nidi

e voleranno in avventure di un altro mondo?

 

E, di nuovo, il ruolo della Poesia, il bisogno di essa, la possibilità di rendere in qualche modo stabile ciò che inevitabilmente perdiamo:

 

Non ricordiamo che le nostre parole.

Sono reliquie,

se, per caso, non abbiamo qualcuno

a cui regalarle.

 

Sono forse, più d’ogni altra cosa, proprio le parole a restare,e in esse la testimonianza d’aver vissuto.

Unico, vero  balsamo per gli

 

occhi rassegnati

all’ingiuria dell’esistere

(…) nella carne che ci fa fragili rami.

 

Restano così le parole e l’amore per la vita:

 

Il dono che ci è dato

è quello della nostalgia

a rammentarci il concerto dei girasoli

prima che tutto sia ombra.

 

 È proprio la vita  che spingendoci senza sosta ad andare avanti ci allontana da se stessa e dalle sue meraviglie a noi più care:

 

Ogni passo mi allontana dalla certezza rassicurante

del fuoco caldo che mi aspetta

 

ma bisogna imparare a respirare con lei, ad accogliere interiormente anche la sua impermanenza, ed in questo aprirsi  totalmente può aiutarci la contemplazione rispettosa della Natura, percepire d’appartenere ad essa in ogni sua fase e manifestazione:

 

La montagna respira sul mio volto

e si confonde nel battito del mio cuore,

nei muscoli e nella carne.

 

Ed insieme alla contemplazione della Natura,

consolazione, spiegazione  di tutto, può essere solo la Fede:

 

Forse lassù smetti di essere uomo

e ti nutri di verticalità verso l’eterno

(…) e non c’è altra via che questa

diversa speranza ad animare il cuore.

 

Quel luogo senza tempo nel quale  si è finalmente se stessi:

 

Lassù togli la maschera

(…) ti nutri di lontananze celesti

di approdi all’infinito.

 

La Fede che è

 

la Bellezza che trascende il desiderio

e declina la paura in sete di infinito.

 

attraverso la quale è possibile accedere al profondo significato dell’esistenza:

 

La verità è una

ed è quella che si fa itinerario nell’anima

 

La Fede, che è anch’essa, ed anzi più d’ogni altra cosa,

il modo per affrontare l’avanzare del tempo:

 

E semino l’invisibile per non arrendermi

al tutto che sta per finire.

 

In questo, il mare spesso presente, testimone che silenziosamente assorbe tutto,  profondo specchio del nostro affanno di vivere e d’amare:

contende il racconto della vita, il mare.

 

La Pison, solida  e coerente nella sua delicatezza, simile molte volte ad un acquerello che profuma, eppure spirito tenace, lucido, coraggioso e addirittura pungente nella sua consapevolezza, mi ricorda molto alcune  parole del D’Annunzio, anche se diversissimo, dal suo Libro segreto:

‘Questa è la mia certezza. non vale se non il momento, non importa nell’ordine dell’Universo se non il momento: quello che l’arte profonda esprime, che forse l’arte futura esprimerà convinta che tutto il resto è nulla.’

 

 

Elena Condemi

Siracusa, 12/10/2013

 

 

 

 

 

 

 

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